TV FAI DA WEB
C’è un microcosmo inesplorato di antenne disseminate nella rete: sono piccole tv fatte per passione, con pochi soldi in tasca e tanta voglia di raccontarsi. Giampaolo Colletti le elenca tutte, tra le pagine del suo ultimo libro “Tv fai da Web” edito dal Sole 24 Ore e presentato a Roma presso la libreria Feltrinelli di Piazza della Repubblica: un vero e proprio manuale, che non può mancare tra gli scaffali del più aggiornato cittadino video maker. Basta poco: un computer, una telecamera e una connessione (meglio se a banda larga); il resto è storia di un fenomeno che attraversa l’Italia intera. Lo fanno i cittadini comuni nel loro salotto di casa; lo fanno anche gli studenti nelle aule dei più grandi atenei italiani, con le loro UniTv. L’introduzione al libro è di Carlo Freccero, la prefazione di Luca De Biase.
Da nord a sud, sono centinaia le finestre disseminate sul territorio: ogni web tv ha la sua redazione, il suo pubblico e la sua missione. Tutte insieme regalano la fotografia di un paese che, lontano dai lustrini della ribalta televisiva, non ha perso la voglia di raccontarsi e di arrivare laddove gli altri mezzi non arrivano. Il bisogno, quasi fisiologico, diventa quello di accendere i riflettori nelle zone d’ombra, portando alla luce ciò che per troppo tempo è rimasto “sommerso”. La rete aiuta a fare tutto questo: il trucco sta nel saperla sfruttare al meglio, nel trovare il linguaggio giusto, quello vincente, che non si limiti scimmiottare la vecchia generalista. La nuova tv torna in mano al suo pubblico: nasce dal basso e arriva ovunque, nel computer del vicino di casa e in quello di chi vive dall’altra parte del mondo. Figlia del passato più recente, cresciuta all’ombra della rete, essa parla di storie semplici e lo fa con un linguaggio talvolta fin troppo conosciuto. Sullo sfondo il territorio, con le sue bellezze e le sue mancanze; culla di un’identità locale che la contemporaneità ha contribuito a rafforzare, nonostante la globalità dilagante. La comunità, il singolo cittadino scelgono di raccontarsi così. Si tratta talvolta di esperienze piccole, precarie che si affacciano al domani con timore. Nonostante questo il futuro ne ha bisogno, perché se di rivoluzione si vuol parlare, essa inizia proprio da qui. |