Nel cuore di Roma, nell’antico Rione romano della
Suburra, ora Rione Monti, a ridosso del Colosseo, vi è un Santuario in Via dei Serpenti 2 dove il 16 aprile 1783 è morto un santo francese, Benedetto Giuseppe Labre. Ora questa Cappella è per il Movimento Pro Sanctitate un luogo pulsante di vita spirituale, memoria visiva della vocazione alla santità che è per tutti. Il Santuario è custodito con amore dalle Oblate Apostoliche Pro Sanctitate.
Benedetto Giuseppe Labre nasce ad Amettes in Francia il 26 marzo 1748 da una famiglia di contadini. Educato a una profonda fede cristiana dagli zii - materno e paterno, ambedue sacerdoti - sente fin da adolescente un forte richiamo alla penitenza, alla povertà e all’amor di Dio. Tenta più volte di entrare in diverse Trappe, ma situazioni varie gli impediscono di realizzare il sogno di vivere “in penitenza e umiltà” in un monastero.
Nel 1770 comprende che Dio lo vuole pellegrino per le strade del mondo - Francia, Spagna, Svizzera, Italia -, itinerante di santuario in santuario, contemplativo dell’Assoluto, abbandonato alla Divina Provvidenza. Nel 1777 si stabilisce definitivamente a Roma, dove i cittadini che lo vedono sostare per ore e ore nelle diverse chiese di Roma, soprattutto quelle dedicate alla Vergine Maria e dove vi è il Santissimo esposto, lo chiamano “il povero delle Quarantore”.
Nel cuore Benedetto Giuseppe Labre ha due amori: la Santa Eucaristia e la Vergine Maria. Vive da mendicante, dorme nelle grotte a ridosso del Quirinale e nell’arco 43 del Colosseo, mangia i resti del cibo che riceve in elemosina e che lui ridistribuisce a chi pensa sia più povero di lui.
E prega, prega.
Il 16 aprile 1783 cade prostrato sui gradini della Chiesa della Madonna dei Monti ed è soccorso da un macellaio, Francesco Zaccarelli, uomo pio che conosce bene il “povero” Benedetto Giuseppe Labre e stima molto la sua pietà; questi lo trascina nella sua casa, aiutato dal figlio Paolo. Lì, da quella cameretta, ora trasformata in una preziosa Cappella, “vola alla dimora del Cielo”, come ricorda una epigrafe posta su una parete.
La sua fama di santità si diffonde rapidamente e alla sua morte centinaia di persone accorrono nella dimora di Zaccarelli per vedere il “santo”. È il mercoledì santo, e l’afflusso dei fedeli rende difficile la celebrazione del Triduo pasquale, poiché i sacerdoti devono contenere la folla.
Ancora oggi la Cappella è meta di tanti pellegrini che sostano in preghiera accanto alla statua del santo, deposta come su un letto. Il suo fascino, che senz’altro deriva dalla sua testimonianza di povero di Cristo, continua ad attirare. Commuove profondamente pensare che questo giovane che non ha scritto nulla, se non due lettere ai genitori, che ha parlato solo con la sua preghiera e la sua profonda carità, è ancora testimone dell’Amore ricevuto e di un amore da lui donato a chi lo avvicinava.
S. Benedetto Giuseppe Labre riposa nella chiesa della Madonna dei Monti dove il Servo di Dio, il Vescovo Guglielmo Giaquinta, ha svolto il suo ministero sacerdotale e di sapiente direttore spirituale. Proprio qui dal 1939 al 1949, sotto lo sguardo materno di Maria, il Servo di Dio, allora giovane sacerdote, ha intuito l’universale vocazione alla santità e ha cominciato a orientare e motivare alcune persone nell’impegno Pro Sanctitate.
I santi ci parlano ancora: San Benedetto Giuseppe Labre è maestro di preghiera, annunziatore mite e umile di una fraternità condivisa con tutti.
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